venerdì 25 giugno 2010

Crisi mondiale: atto secondo in scena al MIP di Milano.

Grazie a questo primo contributo di Maria Grazia Neri, con la sezione “economia e finanza” il blog Negrini&Varetto apre una finestra sui principali dibattiti in materia economico-finanziaria del sistema industriale italiano.
Ci proponiamo di fornire un piccolo “barometro”sull’economia reale e sulle problematiche delle imprese con particolare riguardo ai temi di maggiore impatto strategico, interessanti sotto il profilo delle strategie di comunicazione e di marketing, rispetto ai settori e agli ambiti geografici e operativi delle aziende clienti dell’Agenzia.


Milano, 24 giugno 2010 - A più di venti mesi dall’inizio del terremoto finanziario - incominciato con il fallimento di Lehman e il salvataggio pubblico da parte del governo americano di AIG - una seconda crisi, diversa ma non meno pericolosa, generata questa volta dai debiti sovrani degli Stati si abbatte su un sistema economico-finanziario ancora fragile e conferma che la cifra di questa prima decade del nuovo millennio è, come ha scritto Philip Kotler, la turbolenza.
In questo scenario cosa accade all’economia reale e, in particolare, cosa sta succedendo alle aziende italiane? Ne hanno parlato il 23 giugno al MIP, la Scuola di Management del Politecnico di Milano, docenti ed esperti, tra cui Umberto Bertelè, Stefano Preda, Gianluca Spina, Fabio Sdogati, nel corso della tavola rotonda su “Crisi mondiale atto secondo: quali scenari per la finanza e l’economia reale”.

Il quadro dell’economia reale è stato tracciato da Gianluca Spina (nella foto), direttore del Politecnico di Milano. Nelle 101 aree sistema censite in Italia - grosso modo identificabili con i tradizionali distretti manifatturieri – a partire da maggio/giugno 2009 è iniziata in termini generali una fase di rimbalzo rispetto al punto più acuto della crisi. In questo arco di tempo, marzo 2010 vrs marzo 2009, più della metà delle aree sistema italiane (il 27%) hanno registrato una crescita positiva più marcata (+ 10%), altre (vale a dire un altro 27%) crescono ma meno del 10%, mentre il restante 46% continua ad arrancare.
La crescita non è omogenea per settore: ad esempio nel tessile-abbigliamento se Carpi registra un calo del -28%, Rimini mette a segno una crescita del +20% mentre Biella resiste con un +5%.
Questo andamento non sembra risentire della collocazione geografica, secondo uno schema del tipo Nord-Sud: ne è un esempio l’area delle calzature che a fronte di una contrazione del 60% a Casarano (LE) registra un’ottima performance a Lucca (+39%) e a Bari (+21%).
Tra i comparti più promettenti che sembrano avere molta potenzialità inespressa quello alimentare con l’area di Parma (+32%) che fa da locomotiva grazie all’exploit dei formaggi (+65%), da segnale l’andamento del comparto enologico (+8,4%); questa area continua tuttavia a evidenziare difficoltà a relazionarsi con le richieste della Grande distribuzione organizzata.
Ci sono poi comparti e aree a vocazione manifatturiera, che tanto peso hanno in Emilia Romagna e nelle provincie di Modena e Reggio Emilia, registrano le peggiori prestazioni: in particolare continuano le difficoltà per le macchine agricole (-30%) e per l’elettrodomestico (-20%). Aree e settori dove la riduzione degli incentivi statali, nell’ambito di politiche rivolte al contenimento del debito, fanno temere che gli effetti negativi innescati dalla crisi non siano ancora finiti.
A trainare i fatturati le esportazioni, +8,8% nel primo trimestre 2010, che si rivolgono in prevalenza verso i paesi dell’area europea, scarsa la capacità delle nostre imprese di aggredire i mercati emergenti, l’export verso l’India ad esempio segna un irrisorio 0,6%. Tuttavia proprio le economie emergenti, Cina e India in testa, restano ai vertici della crescita del Prodotto interno lordo sia per l’anno in corso che in termini di stima per i prossimi anni. Nell’ultimo anno le previsioni di crescita del PIL sono del +10% per la Cina, del +8,3% per l’India e del 1,5% per l’Unione Europea.
Il tasso di crescita del Pil cinese atteso per il 2020 è del +25%, una crescita destinata a polverizzare i record di questo ultimo anno: 13 milioni le auto vendute nel 2009 in Cina, +48,5% l’export cinese registrato a maggio 2010, oltre 150 i milioni di cinesi che, diventati “classe media”, possono aspirare a comprare beni occidentali. La crescita cinese non è però senza ombre: da un lato la nuova disponibilità economica ha spinto rapidamente i prezzi degli immobili al punto che si parla di una vera e propria bolla a livello di real estate; il rapporto in termini di reddito tra città e campagna (4 a 1) resta molto squilibrato e soprattutto nell’ultimo anno si è registrato un aumento del costo del lavoro (+70%) specie nell’area del Guandong, dove esiste un’alta concentrazione di aziende metalmeccaniche di provenienza italiana.
Su questo scenario molto squilibrato il problema dei debiti sovrani e la scelta dei governi di ridurre il debito mette una serie ipoteca sulla crescita. E’ stato il professor Fabio Sdogati a porre a tema in modo provocatorio: è lecito uccidere la debole ripresa in atto, esponendosi al forte rischio di una stagnazione o di una recessione, per ridurre (se va bene) la crescita del debito pubblico? Il debito italiano che oggi si colloca al 119% del Pil, si è mantenuto tuttavia in linea (+13%) negli ultimi tre anni, mentre in molti paesi si sono registrati forti incrementi nel periodo 2010/2007: +79% per il Giappone, che sfiorando il 200% del Pil resta il più alto al mondo, +76% nel Regno Unito, + 48% negli USA , +26% in Germania. Tuttavia solo nei Paesi europei si stanno varando pesanti manovre correttive mentre le stime ad esempio per gli USA, che solo nell’ultimo anno hanno incrementato il debito del 30%, prevedono il superamento del 100% del debito già nel prossimo anno.
Su tutto un dato è certo al di là della reale dimensione della questione greca, un paese che pesa il 2% del PIL europeo, quella che oggi è sotto attacco è la leadership e la ripresa europea.
L’Europa oggi sembra a un bivio e dalla sua capacità di interpretare in modo non dogmatico la situazione dipende la scelta di politiche capaci di superare il dilemma tra rigore e permissivismo.


(Crisi mondiale, -1-)


Per Negrini&Varetto, Maria Grazia Neri

Nessun commento:

Posta un commento